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Cantata in 3 movimenti

Abstract

Ai tempi del Coronavirus: fra angoscie e speranze…

1o – Adagio sostenuto

Giardino di casa, sono seduto al pianoforte che è appoggiato sulle piastrelle in prossimità del prato, alla mia destra, a sinistra per chi guarda, è visibile l'amplificatore a colonnina, alle mie spalle sono visibili degli alberi.

È oramai notte e, come quella categoria di italiani più fortunata che può permettersi il lusso di non dover uscire di casa per entrare in trincea, mi trovo all’interno della mia abitazione dopo un’altra giornata trascorsa in stato di isolamento.

In questo momento sono di passaggio in una delle stanze che compongono il piano superiore della casa, la finestra è spalancata, poiché fa già relativamente caldo considerata la stagione, rimango per qualche minuto immobile, in piedi dinanzi ad essa e resto in ascolto…

Dall’esterno proviene un silenzio spettrale, rotto solamente dal caratteristico strillo emesso dalle ambulanze e dalle volanti della polizia che, sfrecciando indisturbate in un traffico inesistente, producono quel particolare fenomeno acustico classificato come effetto Doppler.

A voler ben ascoltare, si ha la netta sensazione che, fra la notte e il giorno, il mondo dei suoni differisca solamente per qualche aspetto di poco conto quale, ad esempio, il canto prodotto dagli uccelli che, in barba ad ogni decreto, incuranti, sembrano essere gli unici testimoni di una quotidianità oramai lontana nel tempo.

Respiro l’aria carica di silenzio che le imposte spalancate lasciano entrare e cerco di focalizzare l’attenzione sulle differenze acustiche che in queste settimane danno voce alla notte e al giorno, ma, nonostante mi sforzi nel tentativo di volerne rintracciare alcune, mi risulta difficile farlo.

Rifletto ancora per un istante, lasciandomi accarezzare dalla leggera corrente e riavvolgo la bobina sonora della giornata appena conclusa; improvvisamente mi ritrovo a rievocare con inquietudine un fenomeno acustico che, da qualche settimana, come una liturgia, scandisce l’eco delle giornate che scorrono all’esterno delle nostre case.
Ripenso a ciò che nell’arco del giorno, più e più volte, rompe il silenzio di questa quiete psichedelica; si tratta dell’annuncio proveniente dagli altoparlanti posizionati sulle macchine della Protezione Civile, i quali invitano la popolazione a non uscire di casa con messaggi che generano un po’ di angoscia; l’impressione che se ne ricava, infatti, è quella di vivere in un prolungato stato di guerra.

Percorso da un brivido, richiudo la finestra e, prima di abbandonare la stanza, riporto la mente indietro di qualche ora, a quando ho tentato, per quanto mi è stato possibile, di rompere questo stato di segregazione sonora trasportando il pianoforte in giardino e dedicando un’oretta della mia musica al quartiere dove vivo.
Ciò non è molto, non ha risolto il problema di quest’angoscia mai conosciuta prima e che imprigiona i nostri cuori, non ha salvato nessuna vita umana.
Questa, però, è l’unica terapia individuale e di gruppo che io conosco e che, oramai da una vita, cerco di praticare con amore e assoluta dedizione.

2o – Andante speranzoso

Questa foto è pressoché identica all'immagine precedente.

È oramai giorno e, come quella categoria di italiani più fortunata che può permettersi il lusso di non dover uscire di casa per entrare in trincea, mi trovo all’interno della mia abitazione dopo un’altra nottata trascorsa in stato di isolamento.

In questo momento sono di passaggio in una delle stanze che compongono il piano inferiore della casa, la finestra che la tecnologia mette a disposizione attraverso i molti supporti che oramai riempiono la nostra esistenza è spalancata sul mondo virtuale, rimango per qualche minuto immobile, seduto dinanzi ad essa e resto in attesa…

Dall’esterno provengono messaggi di speranza che richiamano alla vita: si tratta di testimonianze digitali che alcuni bambini mi hanno inviato dopo aver osservato i video della mia performance tenuta nel giardino di casa.

Rifletto per un istante, lasciandomi accarezzare dalla leggera corrente prodotta dal flusso dei byte in ingresso e svolgo la bobina dei buoni propositi fatti per questa giornata appena iniziata.
Cancello dalla mente ciò che nell’arco della nottata, più e più volte, ha rotto l’apparente quiete del mio sonno, salgo ai piani superiori e, percorso da un brivido, apro le finestre per far sì che con il giorno nascente rientri la speranza.

Il primo proposito sarà quello di pubblicare in calce a questa cronaca i supporti audio che mi sono stati inviati dalle famiglie, che ringrazio per aver avuto la pazienza di montare la voce dei propri figli sulla traccia del mio pianoforte, ricavata dal video circolante sui social che – detto per inciso – ha raggiunto il migliaio di visualizzazioni.
Ciò non è molto, non risolverà il problema di quest’angoscia mai conosciuta prima e che imprigiona i nostri cuori, non salverà nessuna vita umana.
L’ascolto della voce di un bambino, però, è l’unica terapia individuale e di gruppo che io sia in grado diproporre in questo particolare momento storico; essa canta un passato così prossimo nel tempo e così remoto nella memoria, intona la melodia di una speranza autentica e pura, fa risuonare note scritte nella chiave del futuro.

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3o – Allegro gioioso

Riferimenti

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