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Sofar

Abstract

Sofar: un modo diverso per gli artisti di proporre la musica, un modo insolito per gli appassionati di ascoltarla.

Foto del trio scattata durante un momento ludico trascorso a casa Parisi; siamo seduti su una panchina del giardino mentre suoniamo degli strumenti giocattolo.

Sofar è un acronimo che sta per Songs For A Room – canzoni da suonare e cantare in ambienti domestici, informali e circoscritti.

Si tratta di un movimento globale nato in Inghilterra nel 2009 e rapidamente diffusosi ovunque come per contagio.

Esso rappresenta un modo diverso di fare e ascoltare musica, poiché gli artisti vengono invitati a promuovere le proprie idee all’interno di salotti privati, messi a disposizione da chiunque desideri farlo.

Ciò era quanto accadeva fino a qualche mese fa.
Sarei felice di sbagliare, presumo però che queste nuove tendenze espressive delle più svariate forme d’arte e questa modalità di libera circolazione degli artisti in ambito privato – per un po’ di tempo almeno – subiranno un brusco rallentamento, configurandosi solamente come un nostalgico esercizio della memoria.

Seguendo il filo di questo caleidoscopico gioco di riflessi mnemonici, con un po’ di indulgenza nei riguardi di me stesso, a poco più di un anno di distanza, pubblico il resoconto di un’esperienza che attualmente sarebbe assolutamente improponibile.

Domenica 6 ottobre 2019, con il progetto Atik Leatid ho avuto modo di partecipare in prima persona a un suggestivo momento di condivisione, suonando presso l’abitazione resa disponibile da una famiglia di appassionati e trasformata in auditorium per la circostanza.
Attorniati da circa una settantina di persone sedute – se così si può dire – a terra, accoccolate su qualche traballante sedia da cucina o abbarbicate su un vecchio divano, abbiamo condiviso la nostra musica con ascoltatori e altri musicisti che, come noi, erano lì per svelare – mediante il comune linguaggio dei suoni – sensibilità artistiche e approcci esistenziali talvolta profondamente distanti fra loro.

In quell’occasione abbiamo avuto modo di ascoltare e accompagnare in maniera del tutto estemporanea Lindsay Clark , esponente californiana delle nuove tendenze del folk americano.
Un’esperienza straordinaria che ha messo in risalto l’universalità e la potenza della musica, dimostrando ancora una volta che essa va ben al di là delle diversità etniche, linguistiche e culturali, inclusiva per natura ed essenza, geneticamente codificata intorno a una matrice che si identifica con il più attuale e rivoluzionario dei principi: quello della globalità.

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Riferimenti

  • Ascolta e guarda un resoconto che documenta quella Giornata
  • Consulta la pagina del Progetto

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