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Digressione Personale

Privilegi

Abstract

“Questa casa è sonora come una buona tavola di risonanza”;
essa esalta le idee, da forma alle parole, amplifica gli affetti.

Ten tales and one honour

Panoramica del grande salone con vista che caratterizza l'abitazione di francesca e Toni

C’è il sole, arrivano alla spicciolata, occhi che luccicano e mani già in fermento.
Scherzano come ragazzini alla partenza per una gita in montagna, qualcuno arriva da lontano e si abbracciano, espansivi ma con la testa un po’ obliqua per poter sbirciare oltre e calcolare chi manca e quindi quanto manca.

All’inizio sembrano tergiversare, ancora un caffè-una pipì-una sigaretta, ma è solo il raffinato piacere di prolungare un po’ la lieve sofferenza dell’attesa.
Poi, come obbedendo ad un copione interiore, succede sempre che uno si alza, si avvicina ad uno strumento (generalmente non il suo), inizia a suonare (come un dio, chequeldiolostrafulmini!) la prima silly song che gli passa per la mente, poi arriva un secondo e si unisce al gioco, poi un terzo, un quarto e così via, sciamando tutti come api intorno alla Regina.

Si scambiano ruoli, le frasi melodiche passano dall’uno all’altro come il testimone nella corsa a staffette, i ritmi vengono spezzati, i tempi modificati, sembrano ombre cinesi che sulla parete diventano ora il Gigante, ora la Gazzella, ora puro Arabesco. Ed infine, come sempre, una risata collettiva, liberatoria, segna l’inizio del Gioco vero.

Panoramica del salone con vista dell'abitazione di Francesca e Toni con il pianoforte a coda sullo sfondo

L’ho vista centinaia di volte questa genesi, eppure questo rito mi colpisce sempre come fosse nuovo. E rido anch’io, grata di poterne essere partecipe.

Questa casa è sonora come una buona tavola di risonanza.
Ha memoria di affetti ed intrecci musicali ed umani.
Qui si suona da sempre, qui ci siamo commossi per un requiem di montagna, divertiti per un duetto di Mozart, cantato il Cile col pugno alzato e gli occhi lucidi.

Dovrei ormai averci fatto l’abitudine… Eppure mi colpisce l’umana magia a cui assisto: uno usa il pianoforte al posto degli occhi, un altro parla solo il serbo, il terzo dice una parola ogni otto silenzi, il quarto si vela dietro un’ironia iperbolica, il quinto per pudore o formazione disconosce il Sentimento come origine dell’Idea.
Ma, mentre provano/ si affaticano/ si stupiscono/ si sorridono quando cercano ed infine trovano, è come se la filosofia della vita divenisse improvvisamente semplice.

Questa gioia del suonare insieme, questa forza invisibile che li lega, questa appartenenza ad un mondo che davvero non conosce bandiere e confini, limiti fisici, gerarchie di genere e millanterie è la società più bella e civile che io conosca.

Ah, che privilegio poter stare qui in questo pezzettino di cielo….

Questo testo esprime la conseguente reazione di Francesca alla lettura dell’articolo Colazione da Misco
Ndr
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